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Presentazioni

Il colore vibrante. Tracce di mutazioni

di Marco Romani


Sono vibrazioni cromatiche quelle che animano le tele di Giovanni Crescimanni. Rapide pennellate di colore che animate da forze centrifughe e centripete si attraggono e respingono creando una rete mobile di connessioni, segni e interferenze su un fondo liquido o coeso. Le “mutazioni”, che Crescimanni ha cominciato a dipingere dal ‘94, nascono dalla scoperta della filosofia cinese e dalla lettura e rilettura di un classico, lo Yi Ching il manuale confuciano e taoista elaborato oltre 3000 anni fa e ancora oggi continuamente reinterpretato tanto in Oriente che in Occidente. È da quel testo che il pittore ha iniziato la sua ricerca su come trovare la maniera per essere più coerente con il movimento cosmico. Queste tele fissano l’inesausto trascorrere di giornate e momenti, dando ad ogni segno il colore di un’emozione, di una sensazione di uno stato d’animo, in figure complesse che si snodano come onde di un sismografo che lascia lievi tracce - spesso monocrome - dei giorni che si susseguono. «I fatti si intrecciano - ha scritto il pittore sul catalogo della sua personale nel ’95 -‘ un incontro casuale provoca una macchia ocra che lentamente attenuerà il suo effetto o cambierà completamente il disegno».

Il movimento dell’acqua, qui richiamato solo intuitivamente, è invece la sostanza delle tele a cui Crescimanni ha cominciato a lavorare dopo il suo recente soggiorno sul Mar Rosso. Le pagine dei taccuini di viaggio - in cui l’artista nei decenni ha fissato col segno rapido dell’acquerello paesaggi e luoghi, colline e architetture - si riempiono di fondali marini dalla vegetazione densa e dai pesci che scivolano veloci come lampi. Dalle pagine di questo diario intimo per immagini sono nate le tele più recenti di Crescimanni. L’artista non dipinge mai le opere maggiori dal vero, né procede per “ingrandimenti” degli appunti. La tela prende corpo dalla dimensione del ricordo che viene rivissuto, interiorizzato, attraversato dai sobbalzi dell’esistenza passata e presente. In queste opere la vibrazione cromatica delle “mutazioni” diviene guizzo dai bagliori improvvisi. I rossi e i gialli aprono dei varchi, catturano luce e attenzione in un mondo subacqueo dalle morbide volute.
La sostanza intima del lavoro di Crescimanni è, semplificando, nel tentativo di fermare un istante. Il pittore insiste sulla mobilità - delle cose, delle emozioni - per entrare nella sua sostanza più profonda e scoprendo poi la necessità di bloccare, come in un’istantanea, il flusso continuo dell’esistenza. Superare l’inconcretezza non significa però ricreare un nuovo sistema di regole, una griglia rigida a cui uniformarsi. Crescimanni si immerge nella sua materia e ne esce rinnovato ogni volta e ogni volta vi si può rituffare in una continua ricerca della perfezione che è tale proprio perché irraggiungibile. Come nella filosofia del Tai Chi, in cui i lenti movimenti del corpo devono essere continuamente perfezionati, anche i segni di Crescimanni procedono per successive purificazioni, per decantazioni in cui cultura e pulsioni, storia e vissuto eliminano la loro scorza più effimera per conservare invece il loro più autentico valore.

Negli ultimi mesi l’attenzione del pittore, nato a Tirana ma che vive da sempre a Roma, si sta concentrando sui riflessi della laguna veneziana, le mille rifrazioni che dall’acqua si espandono rimandando schegge sconnesse di un paesaggio, anche qui, non reale ma rivissuto con occhi interiori. La Venezia di Crescimanni, non è il luna park per giapponesi e per turisti “scatta e scappa”, ma la città natale della madre, una Venezia ancora viscontiana con i suoi angoli bui e lo splendore degli antichi palazzi: è come se il tempo si fosse fermato in questo umido ventre che è vita e desiderio. La madre, l’acqua. Due temi che si incontrano in questa ultima produzione che ancora non ha raggiunto la formalizzazione della tela, ma che procede per studi di gouache (la più acquosa delle tecniche artistiche) su carta.

Per via di sedimentazioni le tele suggeriscono dei richiami formali – per il trattamento della sostanza luminosa – alla lezione impressionista e a quella, più “scientificamente” ottica del pointillismo. Ma Crescimanni nega i principi dell’impressionismo perché non è la realtà oggettuale che fa la pittura ma il flusso che scorre all’interno dell’animo umano.

Marco Romani, “Il colore vibrante. Tracce di mutazioni”, in “La Rinascita della sinistra” 20 aprile 2001.